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Nel nome del padre

Con il titolo, non voglio ricordare l’incipit del segno della croce delle preghiere cristiane.


Voglio dire qualcosa su ciò che ho compreso del mio rapporto con mio padre. Le Costellazioni Familiari fanno grande luce su questo rapporto. Non ne voglio dare una descrizione dal punto di vista dell'esperto di questo lavoro. In quella veste cerco di far emergere i blocchi a questo rapporto essenziale. Cerco di mettere in evidenza come alcuni comportamenti siano collegati a traumi transgenerazionali.


Chiariamo subito una cosa: se manca il padre, il contatto con lui, manca la direzione nella vita. Il padre determina la nostra interpretazione e il rapporto con il mondo esterno.


Chiariamo subito un’altra cosa. Il padre è sempre dentro di noi. Quindi il rapporto con il mondo è proprio determinato dal rapporto con lui, coscientemente o in modo inconscio. Che lo vogliamo o no ci dobbiamo confrontare con lui.


Avevo pochi anni. Mio padre era alto e grosso. Almeno così mi appariva, a me piccolo bambino felice. Il mio rapporto con mia madre era splendido. Ecco perché ero felice. Lui interrompeva la felicità con quell'aria che a me pareva minacciosa.


Quell’uomo mi faceva paura. Era severo, serio, pieno di regole. A tavola per esempio di fronte ai miei capricci su un determinato piatto, mi diceva: “Se non lo mangi adesso, lo mangerai stasera”.


Lo odiavo. Mi costringeva a rinunciare al mio piacere, al mio desiderio. Quel piatto disgustoso ai miei occhi me lo sarei ritrovato a sera. Irrimediabilmente, cedevo e a niente serviva che mia madre mi volesse assecondare. Mio padre voleva darmi un carattere e ci riusciva.


E alcune volte mi arrivavano le botte. Una volta tornai a casa, dopo essere stato a giocare con i miei cugini, e mi riempì di sculacciate. Ero arrivato con un’ora di ritardo. Mi ero perso nel divertimento e ciò non andava bene: bisogna rispettare i patti, lui diceva. Se si dice che si torna a una certa ora, lo si deve fare.


Io non ho preso le botte che ha preso mia sorella. Ribelle, orgogliosa, voleva farsi strada nelle convinzioni maschiliste di una società ancora arcaica. Mio padre la rappresentava bene quella società.


“Mazz e panell fann l’ figghje bell, pan senza mazz fann l’ figghje brutt e pazz”. (Tradotto: botte e pane rendono i figli dei buoni figli; pane senza botte rendono i figli brutti e pazzi.) Questa era la sua filosofia di uomo cresciuto in campagna, trovatosi senza padre a 18 anni e a fare da uomo di famiglia al fianco della madre. Terza elementare, esprimeva nell’educazione, quello che gli avevano tramandato. Lui faceva il padre: era l’autorità a cui bisognava piegarsi per mantenere l'ordine e la direzione.


Era brusco nei modi. Non era un gran parlatore. Io lo vedevo sempre triste mentre passava il tempo dietro a quel bancone di un bar tabacchi della periferia del mio paese. Triste perché in quel negozio aveva perso la libertà in nome del sacrificio per la costruzione di una famiglia.


Si alzava presto e tornava tardi. Il tabacchino non chiudeva mai durante la settimana, e quando gli imposero la chiusura per legge si lamentò. Si riducevano i guadagni. Però quel tempo libero lo usava per andare nella sua campagna. Lì la fatica non lo spaventava… anzi il suo corpo gioiva di quei pesi e di quei movimenti che l'attività commerciale non gli consentiva.


Come compensava la sua rudezza, il suo autoritarismo? Dicendomi: "Guarda che i soldi sono qui (indicandomi il cassetto dove si custodivano) e per le cose utili puoi attingere quando vuoi. Bada che siano per cose utili."


Mi pagò un corso per corrispondenza senza battere ciglio. Mi comprava i libri senza chiedere di cosa si trattasse, dandomi piena libertà di scelta.


In fondo sentiva che chi aveva cultura aveva più chances nella vita. Lui sapeva di essere un ignorante dato che non aveva potuto studiare. Conosceva l’importanza del sapere per affermarsi nel mondo. Mai mi ha ostacolato, anche perché ero un maschio e nella sua mentalità il maschio era più libero della femmina. Perché? Semplice, la donna può essere presa in giro, rimanere incinta e mettersi nei guai. Prima si “sistema” e meglio è.


Il sostegno che ho ricevuto da mio padre è stato silente. L’apparenza è stata di dominio, rigidità, invito a non fidarmi del mondo. Poi, improvvisamente, si svelava. Quando partivo per una qualche destinazione di vacanza o per l’università, il suo cuore tenero si manifestava. Arrivavano copiose le lacrime, in quantità quasi imbarazzante. Il suo cuore scoppiava. Letteralmente, lo metteva a nudo. Era emotivamente sovrastato. In fondo, era un uomo di cuore, in cui il cuore non si vedeva, se non in questi momenti.


Del suo sostegno non mi sono quasi reso conto, consciamente. Da lui c’è stata per molti anni, fino all’incontro con le Costellazioni Familiari, molta distanza. Pensavo di rispettarlo, ma attribuivo tutto il mio essere così com'ero a mia madre. Lei era per me la figura di riferimento.


Per cui non ho fatto niente in nome del padre, in superficie. Ho fatto tutto in nome del padre, invece, nel profondo. “Il genitore negato è quello a cui sei più fedele nel profondo” mi sento ripetere nei seminari e nei training. E ogni volta che lo dico appare mio padre.


Amorevole, un pezzo di pane dietro una maschera di rigidità, un po’ impacciato nelle cose pratiche ma con l’atteggiamento del “basta che funzioni”, lavoratore indefesso, piaceri minimi ed essenziali, assoluta devozione alla sua amata, semplice.


Una volta, mentre facevo un gruppo come partecipante, un mio compagno di viaggio mi vide nel collegamento con mio padre. “Sei un uomo semplice”, mi disse. E aggiunse: “Che si complica inutilmente la vita”.


Mi penetrò: compresi per la prima volta che non serviva negare mio padre in superficie. Ero irrimediabilmente come lui. Semplice!


Lo avevo negato e gli ero fedele inconsciamente. Come ho scritto prima: amorevole, un pezzo di pane dietro una maschera di rigidità, un po’ impacciato nelle cose pratiche ma con l’atteggiamento del “basta che funzioni”, lavoratore indefesso, piaceri minimi ed essenziali, assoluta devozione alla sua amata, semplice.


Ho fatto politica da giovane: ero contro il sistema! E sono stato un manager: sono entrato nelle risorse umane per contrastare un certo tipo di maschile aggressivo e autoritario e favorire l’ascolto e la concordia. Combattevo il modello esteriore di mio padre.

La lotta poi è cessata.

Ho incontrato Osho, una figura maschile diversa. Ci sono stati due incontri: nel 1986, quando mi dava fastidio per le sue Rolls Royce e l’essere guru. Mai avrei sostenuto un guru, una figura gerarchica a cui tutti si piegano. Quella era la mia immagine di Osho a 21 anni. Non potevo diventare sannyasin all'epoca: combattevo mio padre e le gerarchie.


Il secondo incontro con Osho è avvenuto a 36 anni. In questo incontro più maturo con Osho è iniziata la riconciliazione, senza saperlo, con mio padre e la messa in discussione di mia madre.

Non c’è bisogno di lotta. C’è bisogno di comprensione. La comprensione può avvenire solo se ti metti in osservazione, se mediti.


Hanno iniziato ad apparire tutte le somiglianze con mio padre. A chi puoi rassomigliare se non alle tue radici?


Le Costellazioni Familiari, insieme a Osho, mi hanno portato alla compassione verso i genitori. È un fatto: li si ama sempre nella profondità, li si combatte spesso nella superficie. Questo amore cieco deve essere portato alla luce per poter diventare se stessi e non delle loro semplici fotocopie.


Il mio atteggiamento con il mondo esterno è stato lo stesso che aveva mio padre.

Con le Costellazioni Familiari, ho portato in evidenza ciò che ha segnato il suo rapporto con la vita e che è arrivato fino a me.

Con la meditazione, ho potuto sempre più emanciparmi da modelli che si erano installati sotto pelle. Essi ti portano, a livello emotivo, sulle strade già battute da chi ti ha preceduto. Senza osservazione, non c'è possibilità di deviazione.


I genitori sono tutto. La tua fiducia dipende dal rapporto con tua madre. Il rapporto con il mondo dipende dal rapporto con tuo padre.


Ad un certo punto della vita, puoi guarire le memorie di episodi di conflitto con i genitori reali. Puoi entrare in contatto con i genitori interiorizzati. Essi continuano, se non ti svegli, a guidarti nelle tue scelte di fondo.


La buona notizia è che la nostra vita può cambiare. Possiamo diventare genitori di noi stessi! Possiamo farlo se ci inchiniamo al fatto che abbiamo scelto di incarnarci proprio in quei genitori. Essi rappresentano i primi gradini del nostro cammino spirituale.


Se non ci inchiniamo a loro come messaggeri della nostra vita, rischiamo di restare inchiodati su questi primi gradini e di non evolverci.


Nel nome di mio padre non ho fatto niente nel mondo esterno.


Nel nome di mio padre ho fatto tutto nel mondo interno.


Oggettivamente, Osho ha mescolato le carte. Senza di lui ora non sarei grato a mio padre per la vita, il sostegno e la spinta a diventare me stesso. Non conoscerei le Costellazioni Familiari che mi hanno fatto accorgere dell’amore cieco verso mio padre.


Senza Osho non sarei uscito dalla lotta con il mondo (mio padre) e con me stesso (mio padre e mia madre interiorizzati).


Voglio chiarire che Osho non è il guru esterno. Per tanti questa può essere stata l'esperienza storica. Per coloro come me che non lo hanno conosciuto nel corpo, Osho è lo specchio che esiste saggezza dentro di te. È il maestro interiore, è lo specchio che sei qualcosa al di là della madre e del padre e dei loro condizionamenti. Osho è un invito a fidarsi di sé. È la fine del fare le cose in nome del padre o della madre, ed è l’inizio di essere chi si è e di fare le cose in nome proprio!

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